“Sono stata molestata dal Dr Larry Nassar”: ecco come è iniziato lo scandalo a sfondo sessuale della ginnastica

Larry Nassar è stato ora condannato a fino 175 anni di prigione per aver violentato più di 150 donne e ragazze, ma i suoi crimini non sarebbero mai forse venuti alla luce se non fosse stato per un email inviata ad un quotidiano dell’Indiana.

Il tutto è iniziato 16 mesi fa, molto prima del caso di Harvey Weinstein, dell’hashtag #Metoo (anch’io) e del punto di svolta nella resa dei contri dell’America con la violenza sessuale, con un’inaspettata email all’Indianapolis Star, che proprio quella mattina aveva pubblicato il resoconto di cinque mesi di investigazioni sulla mala gestione da parte dell’organo direttivo della ginnastica di accuse di violenza sessuale.

L’email leggeva: “Ho recentemente letto l’articolo “Out of balance” (senza equilibrio) pubblicato dall’IndyStar. La mia esperienza non sarà forse rilevante per il vostro caso, ma sto scrivendo per denunciare un fatto che potrebbe esserlo. Io non sono stata molestata dal mio allenatore, ma dal Dr Larry Nassar, il medico del team USAG. Avevo 15 anni, ed il tutto è avvenuto sotto le false spoglie di un trattamento medico per la schiena.”

Rachael Denhollander non avrebbe mai potuto immaginare che quelle poche frasi avrebbero con il tempo messo in moto uno degli scandali sessuali più grandi nella storia dello sport, i cui effetti si faranno sentire per molti anni a questa parte. Avrebbero potuto essere infatti facilmente ignorate, così come lo sono state così tante altre denunce delle molestie di Nassar, oppure liquidate e tacciate di menzogna da parte di allenatori, tutor, impiegati e dipendenti dell’università tra il 1997 e il 2016. Premere invio, come lei stessa ha descritto in un secondo momento, è stato “un salto nel buio.”

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Brendan McDermid/Reuters

Nessuno però ha fatto orecchie da mercante questa volta. Denhollander, non più un’indifesa ginnasta adolescente ma un’avvocatessa trentaduenne e madre di tre figli, ha deciso di metterci la faccia raccontando la propria storia in una video-intervista al giornale. Per sei mesi è rimasta l’unica donna ad accusare pubblicamente Nassar, in quanto l’altra accusatrice, Jamie Dantzscher, ha rilevato il proprio nome solo nei mesi a seguire.

Con il passare del tempo però, sempre più vittime sono state incoraggiate a spezzare il proprio silenzio (e in alcuni casi anche da accordi di riservatezza) dalla solidarietà e dallo spirito di sorellanza. Tra di loro troviamo nomi di rilievo come quelli di Simone Biles, Gabby Douglas, McKayla Maroney, Aly Raisman e Jordyn Wieber, assieme a molte altre che in un arco di tempo di più di 20 anni sono state violentate da Nassar all’Università Michigan State, dove il medico era un rispettato membro della facoltà di cui si tessevano le lodi per il lavoro pluri-ventennale svolto per la squadra femminile del team USA.

È stato dunque più che giusto che Denhollander sia salita per ultima sul banco dei testimoni, dopo le altre 155 ragazze e donne, per dare la propria testimonianza durante il settimo giorno del processo di Nassar. Quel mercoledì mattina, in un’aula di tribunale del Michigan, le sue parole trasudavano forza e compostezza: Denhollander non si è solo rivolta a Nasser, ma anche a tutti coloro il cui fallimento collettivo ha permesso a un predatore sessuale di esercitare la propria volontà su giovani vulnerabili. “Mi chiedo quanto valga una giovane donna,” queste le sue parole. “Quanto risulta ora importante mostrare che la legge, in tutta la sua forza, verrà applicata per proteggere altri giovani innocenti dalla totale devastazione che porta con sé una violenza sessuale? Io qui vi dico che queste giovani se lo meritano. Meritano tutta la protezione che la legge possa offrirgli. Meritano di vedere la massima pena applicata.”

Ha poi continuato: “Ero sicura che non ci fosse alcun dubbio sulla legittimità dei trattamenti, dato che i membri dell’Università e dell’USAG erano al corrente di ciò che Larry stava facendo e non l’avevano fermato. Deve essere per forza un trattamento medico. Il problema devo essere io…Ebbene, mi sbagliavo”.

La sua testimonianza, durata 36 minuti, è stata accolta da una standing ovation finale. La giudice Rosemarie Aquilina ha evidenziato il suo ruolo fondamentale nel portare un pedofilo davanti alla legge. “Hai costruito un esercito di sopravvissute di cui sei il generale pluridecorato” ha commentato la giudice. “Hai messo in moto la marea che ha reso tutto questo possibile. Hai dato importanza a queste voci. Sei la miglior persona che io abbia mai avuto in aula”.

Persino nei suoi ultimi giorni da uomo libero, Nassar ha dimostrato di non aver compreso appieno la natura dei suoi crimini. All’inizio del processo ha scritto una lettera alla giudice, dove la accusava di voler dar spettacolo e sosteneva di temere per la propria salute mentale durante la parata di testimonianze delle sue vittime. Mercoledì, pochi istanti prima di spogliarlo della libertà, la giudice ha utilizzato quelle stesse parole per sigillare il suo fato.

“Ciò che ho fatto era un trattamento medico, non un abuso sessuale, ma per via del porno ho perso qualsiasi credibilità,” aveva scritto Nassar, facendo riferimento alla pena inflittagli per possesso di immagini di abusi su minori il dicembre scorso. “Voglio evitare il processo per risparmiare la mia comunità e la mia famiglia…eppure eccoci qui. È semplicemente sbagliato. Sono un buon dottore, i miei trattamenti hanno sempre funzionato e i pazienti che sono qui ora sono gli stessi che tessevano le mie lodi e che ritornavano da me ogni volta. Sono stati i media a convincerli che era sbagliato. L’inferno non ha furia paragonabili a una donna disprezzata”.

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JEFF KOWALSKY/AFP/GETTY IMAGES

Questa ultima frase ha suscitato non pochi sussulti in aula, e dopo aver finito di leggere la lettera, la giudice l’ha gettata da parte con disgusto.

Quando Nassar si è rifiutato di professarsi colpevole nei minuti finali del processo, balbettando sommessamente “Ho già detto di essere innocente”, il giudice gli ha inflitto il massimo della pena, dai 40 ai 175 anni.

Fino ad ora la colpa è stata riversata tutta su Nassar, ma sembra che chiunque abbia reso possibile o abbia cercato di insabbiare questi crimini aberranti dovrà rispondere delle proprie azioni. I pezzi del domino hanno iniziato a cadere poco dopo la lettura della sentenza: la presidente della Michigan State, Lou Anna Simon, nonostante il favore del consiglio dei fiduciari, si è dimessa la sera stessa tra la montante pressione da parte del corpo studentesco e della facoltà. Il venerdì successivo è stato il turno del direttore sportivo dell’università. Tre membri di spicco del consiglio dell’USA Gymnastics hanno lasciato la propria posizione, seguiti a ruota dai restanti 8 membri in seguito alla minaccia da parte del comitato olimpico Americano di togliere all’USA Gymnastics la certificazione di organismo capo dello sport a livello nazionale. Sponsor commerciali come AT&T, Procter & Gamble, Hershey’s, Under Armour e Kellogg’s, una volta innamorati dell’immagine genuina e adatta a tutta la famiglia delle campionesse olimpiche, hanno bruciato tutti i ponti.

Bela e Martha Karolyi, gli ex-coordinatori della squadra vastamente considerati fautori del cambiamento che ha visto gli Stati Uniti passare da outsider alla squadra da battere nel nuovo ordine mondiale della ginnastica, sono stati menzionati assieme a Nassar in alcune cause in California. Una di queste riporta che i due “abbiano chiuso un occhio nei confronti degli abusi su minori perpetrati da Nassar”. La settimana scorsa, USA Gymnastics ha annunciato la fine della collaborazione con il famoso ranch texano dei Karolyi, sede degli allenamenti della squadra nazionale dal 2001 e luogo in cui molti degli atti criminali di Nassar sarebbero stati compiuti.

Pochi sport sono in grado di raggiungere i livelli di rigore fisico e mentale richiesto ai ginnasti, atleti che ai massimi livelli possono offrire uno spettacolo degli estremi limiti del potenziale umano a dir poco mozzafiato. Il potere di una ginnasta non è mai stato così evidente come nel caso di Denhollander, a capo di un esercito il cui coraggio nel farsi avanti non sarà facilmente dimenticato.

Traduzione a cura di Lara Fasoli

Articolo originale

Immagine di copertina: abcnews.com

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